Riccardo Mazzei, poesia, poesie

Riccardo Mazzei, scritti in versi

Peppa tencia

 
Rimanere con la Peppa
non lo si può fare apposta
ma io mi perdo facilmente nelle doppie
che ogni tanto ci rimango, nelle mani me la scopro - sguardo nero e rughe di gallina - e
"Adesso sono pronto per avere penitenza" penso e lo direi
che sono più in equilibrio
più spavaldo
più leggero
adesso
per un istante che dura più a lungo di quando il gioco è bello
di quando il gioco è serio:
che io già vedevo la fine di ricominciare senza regole
tirandoci le carte giù a manate e ciondoloni
tremolare e ridere.

Casa nuova - Frammento III

 
Ciò che è necessario non richiede perfezione, e non vi aspira. Nessuno infatti che senta il dovere di empire i polmoni o di pompare il sangue in modo ricercato. Ma la morale è di chi perisce: nella misura in cui non duriamo ci giudicano i nostri irrimediabili bei compimenti, anche se fu la necessità a richiederli.

Questa mia opera dolente,
le sue linee mi dicono
"nella tua mente mi hai costituita e prescelta
cullandoti nell'estasi lattea,
nella rovina mi hai stabilita
secondo la tua debolezza,
e nell'errore mi vedi, lì dove tu
guardandomi
sempre mi vedrai".

In una casa nuova
a passare il segno si può vivere accusandosi
di compromissioni permanenti
a tutti gli effetti morali.

Casa nuova - Frammento II

 
I muri toccati dal dente degli utensili non rimarginano se non con aggiunte e incrostazioni. Sopravvivendo a questa caduta la loro sostanza deve illudere, deve rassicurarci di compimento.

Sentito dal mio "essere
qui"
è una novità assai remota
il foro che mi immagino
si forma
in chi sa quale muro di qualcuno.
Mentre lavorano sento un vibrare,
provenire di là in fondo,
modulante, scomparente,
di scempio controllato.

L'essere simultaneo di eventi simili
andiriviene: qui in casa era così ieri
sarà domani, oggi stesso.
La punta
che a tratti si agita
lascia la mia quiete
in vibrazione,
e presto anch'io sogno uno sgretolare
controllato.

Fare, perfezionare,
rovine.

Casa nuova - Frammento I

 
Esistono doveri negli oggetti più comuni: la forma necessaria, spiegata in virtù della funzione, le cortesie barbariche nel cozzare coppe, nel non porgere lame. Sono essi principî divenuti generali.

Gioco a farmi casa da me
legno e altre materie
in tanti pezzi assi bussole .
Ma prima mi abbandono
- laminati bianchi di ampia freschezza -
e mi sento coccolato, come
allattato dai piani saldi, lisci
fragranti.

Ancora in pezzi
la non-forma
del mare, della madre.

Preludietto

 
Pavimenti ingombri di mobilio smesso
traballano nel cavo di un furgone; per sempre addio.
Braccianti,
il loro odore di riso, fave, latte e agnello
mescolati
svaniscono nel vuoto della casa
non più casa, e non ancora.
Scende la tenebra, in carrozza,
a visitarci e dire i vespri,
in silenzio.

Il teschio del teschio di Amleto

 
Questi simboli ormai
ci fanno da mura
in cui è dentro una maceria sfusa
memoria della carne,
di instabilità, di bagliori ancora.
Non le amiamo più, per la parte
che ebbero minima
a conti fatti,
per non essere la nostra gloria
madre di reliquie.
Bruciare dello spirito:
dopo il vedere
fiori nella maiolica, e dopo il primo petalo
sfogliarsi, soltanto allora
anche tutto
versare nel fuoco, disperare:
il passaggio della notte,
la nostra luce.
Cerchiamo un trascorrere giustificato
da lisciare senza toglierne.