Riccardo Mazzei, poesia, poesie

Riccardo Mazzei, scritti in versi

Stavanger, Fabrikveien 21

 
Io qui sorgo,
e non sono né città, né monumento,
né fabbrica, né muro,
neppure, sono un uomo.
Ma tutto il tempo che mi avanza in questo giorno
l'avrò accanto fino in fondo:
taccio,
e bevo alla salute,
per quel che ne rimane, e che sarà.
Morì quasi d'un colpo il gran colosso della Eppus,
o non vollero dire che era grave;
nelle notti da operai che si faceva,
la pressione nei manometri segnava regolare,
impossibile a noi credere anche un semplice malore.
Ma poi vennero i discorsi ai capi-squadra,
le dicerie, le domande, i capannelli,
le riunioni a fine turno, poi gli scioperi,
gli scontri, i nuovi corsi, i nuovi scioperi,
le nuove leve del partito, da noi stessi incoraggiate,
che si perdevano per strada o nei locali della grande capitale.
Che se dei soldi non mi avanzano,
a loro posso alzare la bottiglia,
per davvero.
L'ultima mattina alle manovre di chiusura
ormai che si sapeva, io la vedevo
una squadra di silenzio immane
avanzarsi, sfilare al nostro fianco e prendere posto
ai quadri spenti,
alle tramogge immobili,
mentre tutto girava il capo al nostro andarcene
come i guardiani fuori dai cancelli.
Mentre quel randagio sulla strada, lui mi cercava,
io che non potevo dargli niente e invece mi inchiodò,
a orecchie basse,
che se fosse stato un uomo l'avrei guardato male,
lui fermo lì, cogli occhi bianchi e il pelo storto,
mi sembrò un vecchio, un senza terra che ha vissuto.
Poi si volse e scappò via
come spinto ad avvertire un altro.
Io taccio
sull'ultimo sorso,
e sento il muro dietro me, il muro della Eppus,
ricordarmelo, che l'alcool me l'oblia
in questi giorni di niente che mi faccio.
Ma io qui sorgo, e i passi muoverò fra poco
per Stavanger, al posto mio che mi rimane.
Sono un uomo
e sceglierò il mio destino e l'avrò accanto
fino in fondo

Strada di Natale

 
Sono volti che girano a vuoto
di gente infreddata,
e in un tuffo ci s'illude - vorremmo - di potenziale
calore, se non scambiato almeno nostro
per compagni di stiva
- ma condividiamo poi qualcosa, la lingua, chissà -
e ci si convince che almeno stretto
se lo portano dietro
per darlo a chi sanno
- noi non maturiamo disinganno che a cose fatte e disfatte -
in una loro gran fraternità,
di tutto sempre
irrimediabilmente a corto.

E, nonostante, trascuriamo uno scendere
e un salire
- per la dubbia sepoltura -
tra noi e i cieli.